Istallazione costituita da 100 tavolette di legno di cm 18×18, ricoperte di polvere di marmo e terre colorate (25 colori, ognuno sviluppato in 4 gradazioni seguendo l’idea dello spettro dei colori).
Le formelle sono disposte alla distanza di cm 5 l’una dall’altra, possibilmente in linea retta per una lunghezza complessiva di circa m 21. Si preferisce questa disposizione perché le formelle sono unite da una linea bianca continua a rilievo (cm 0.5) che le attraversa tutte come una lunga onda.
Questa la descrizione formale, il progetto complessivo del lavoro ha una collocazione molto più ampia con diversi tempi di realizzazione. Queste 100 formelle, inizialmente esposte e documentate in diverse mostre, verranno poi “disperse” (in parte l’8 settembre in occasione del matrimonio di mia figlia) in nuclei familiari della più disparata estrazione culturale, disperse come “semi” (vedremo se germoglieranno) “proibiti” (come quasi proibita e inaccessibile l’arte contemporanea alla gente comune) in un “labirinto” di relazioni che sarò tenuta a coltivare perché a distanza di qualche tempo (circa un anno) vorrò recuperarle per riesporle di nuovo in mostra, questa volta con un loro “vissuto” artistico. È chiaro che alla fine della manifestazione le tavolette dovranno essere restituite ai legittimi proprietari.
Il titolo è “quanto di luce”, quanto come minima quantità di energia isolabile, energia rappresentata dall’insieme di ormelle (quanti) disposte secondo lo spettro dei colori. Il lavoro una volta smembrato, permetterà a chi lo avrà in dono di possedere un “segmento di luce”…
… E il gioco esplode nella sua bellezza artistica riportata alla pratica sottile della dimensione costruttiva dell’infanzia attraverso i neuroni allenati di Cecilia Falasca che di questa mostra ne paternizza il principio con la soggettiva avanzata ricerca che qui diventano istallazioni di 100 tavolette di legno … (dal testo critico di Antonio Picariello per la mostra d’arte “Labirinto in gioco: arte e voce della natura”, Spoltore ‘07)
Le formelle sono disposte alla distanza di cm 5 l’una dall’altra, possibilmente in linea retta per una lunghezza complessiva di circa m 21. Si preferisce questa disposizione perché le formelle sono unite da una linea bianca continua a rilievo (cm 0.5) che le attraversa tutte come una lunga onda.
Questa la descrizione formale, il progetto complessivo del lavoro ha una collocazione molto più ampia con diversi tempi di realizzazione. Queste 100 formelle, inizialmente esposte e documentate in diverse mostre, verranno poi “disperse” (in parte l’8 settembre in occasione del matrimonio di mia figlia) in nuclei familiari della più disparata estrazione culturale, disperse come “semi” (vedremo se germoglieranno) “proibiti” (come quasi proibita e inaccessibile l’arte contemporanea alla gente comune) in un “labirinto” di relazioni che sarò tenuta a coltivare perché a distanza di qualche tempo (circa un anno) vorrò recuperarle per riesporle di nuovo in mostra, questa volta con un loro “vissuto” artistico. È chiaro che alla fine della manifestazione le tavolette dovranno essere restituite ai legittimi proprietari.
Il titolo è “quanto di luce”, quanto come minima quantità di energia isolabile, energia rappresentata dall’insieme di ormelle (quanti) disposte secondo lo spettro dei colori. Il lavoro una volta smembrato, permetterà a chi lo avrà in dono di possedere un “segmento di luce”…
… E il gioco esplode nella sua bellezza artistica riportata alla pratica sottile della dimensione costruttiva dell’infanzia attraverso i neuroni allenati di Cecilia Falasca che di questa mostra ne paternizza il principio con la soggettiva avanzata ricerca che qui diventano istallazioni di 100 tavolette di legno … (dal testo critico di Antonio Picariello per la mostra d’arte “Labirinto in gioco: arte e voce della natura”, Spoltore ‘07)